Quando finisce un amore………

” Dottoressa buon giorno, sono ancora e sempre io, la sua ex-paziente, un po’ meno ribelle e sempre più sua estimatrice . Mi sta succedendo qualcosa di strano…. che ora le racconto.” Avrete capito da queste parole che l’autrice di questa lettera è quella paziente di cui ho scritto tante volte, che ha voluto lasciare l’analisi ( forse troppo presto) e ora continua il suo rapporto con me tramite la scrittura. Prevedo che la corrispondenza con lei si protrarrà nel tempo, pertanto , non potendo riferirmi a lei con il suo nome vero per ragioni di privacy, d’ora in avanti la chiamerò l’Innominata (riferimento manzoniano non del tutto inappropriato). Ecco dunque il testo della sua lettera. “Da un po di tempo, con mia grande sorpresa, sono diventata un punto di riferimento non solo delle mie amiche, ma anche delle amiche delle amiche e addirittura delle loro figlie e figli! E’ straordinario, non crede?Evidentemente sono davvero cambiata e ispiro fiducia?!? Bah, non so, a volte ho paura di parlare, ho paura di dire cose sbagliate e di fare danno. Proprio ieri sono venuti a casa mia la figlia di una mia amica e il suo ragazzo. Hanno diciotto anni tutti e due e frequentano l’ultimo anno di liceo. Stanno insieme da circa tre anni e adesso Ginevra vuole lasciare Paolo (non sono i loro nomi veri naturalmente). Sono venuti da me perché li aiuti a capire cosa sta succedendo fra loro e come affrontare la loro separazione. Accidenti, io per prima non so separarmi dalle persone, dalle cose, dai luoghi, come faccio ad aiutarli? Non sono ancora riuscita a separarmi da lei, e le mie lettere ne sono una testimonianza, sono proprio la persona sbagliata. L’ho confessato apertamente e sa che mi ha detto Ginevra? “Mamma mi ha suggerito di chiedere consiglio a te proprio perchè tu sai com’è quando un amore finisce….conosci il dolore…..” Mi guardava mentre parlava e io sentivo la sua disperazione, mentre Paolo ascoltava cupo. In quel momento mi sono chiesta cosa direbbe la dottoressa? E mi sono venuti in mente i suoi silenzi, e soltanto adesso ne comprendo il valore. Si, perchè il silenzio è ascolto, è accogliere l’altra persona, accogliere le sue parole e i suoi silenzi, le sue lacrime, i suoi sospiri. E così li ho guardati e ho detto semplicemente: “ditemi”. “E’ difficile, non so da dove cominciare …..” Ginevra guarda Paolo, forse cercando aiuto, ma lui siede rigido, immobile, con uno sguardo buio e non sembra disposto a dire alcunché. Allora la ragazza riprende a parlare, ma adesso la sua voce è aspra :” Non ci capiamo più, andiamo per strade diverse, vogliamo cose diverse ” ” Tu vuoi cose diverse ” la interrompe Paolo con astio. ” Si, è vero, ma tu non cerchi neppure di capire ……dici no e poi no senza spiegare…..o si fa come vuoi tu o non va bene……” ” Potrei dire la stessa cosa di te…..tu hai deciso di andare in America senza averne parlato prima con me, ………avanti di che non è vero!” Li guardo: Paolo è rabbioso, pieno di rancore, Ginevra triste e stanca di un rapporto diventato evidentemente troppo faticoso gli risponde amareggiata: ” E non ti domandi perchè non ne ho parlato con te prima di prendere questa decisione? quando si parlava dei progetti futuri anche con gli altri amici tu dicevi che noi volevamo fare medicina alla Sapienza e poi andare a lavorare nello studio di tuo padre. Dicevi noi, parlando anche per me, senza consultarmi, ma ti rendi conto della violenza del tuo comportamento……..decidere per me al posto mio,….e la cosa incredibile, assurda che lui neppure se ne rende conto” Lo dice guardando me. Io passo lo sguardo dall’uno all’altro e non so cosa dire. Mi sembrano così diversi che non capisco come abbiano fatto a stare insieme per tre anni. Insomma dottoressa non voglio tediarla con un resoconto particolareggiato del colloquio con questi ragazzi, le dirò soltanto ciò che mi è rimasto dentro di questa esperienza e ciò che penso della generale difficoltà a chiudere i rapporti sentimentali. Mi è rimasta dentro tristezza e paura. Tristezza ovviamente per l’evidente sofferenza dei due ragazzi, paura per il cupo rancore di Paolo. E poi tante, tante domande, infiniti punti interrogativi sull’amore, sulle relazioni sentimentali e non, sulla separazione, sull’abbandono, sulla libertà………..insomma tante domande e nessuna risposta. Perché non cerca di darmela lei una risposta?!” Perchè non ce l’ho la RISPOSTA!!! Posso cercare di guardare da più punti di vista la difficoltà che più o meno tutti noi viviamo quando dobbiamo affrontare una qualunque separazione, non solo sentimentale. Una conoscenza più approfondita di qualunque fenomeno può far diminuire l’ansia legata al fenomeno medesimo. Cosa avviene nella separazione? Cosa significa separarsi?Mi viene in mente il gioco del rocchetto del nipotino di Freud. Per gestire l’angoscia della separazione dalla mamma, lancia sotto il letto, ,facendolo scomparire, un rocchetto legato ad un filo e poi lo tira di nuovo a sé. In questo modo rappresenta se stesso come soggetto attivo che gestisce la separazione e non la subisce = sono io che ti faccio sparire e sono io che ti faccio riapparire. Da ciò si potrebbe pensare a una prima differenziazione fra separarsi per volontà propria e separarsi per volontà altrui, cioè agire o subire la separazione. Ipotizzando che la sofferenza sia comune alle due situazioni, perchè è più disperata la persona che subisce la separazione? ecco giro a chi mi legge le domande :” Chi è più disperato, chi lascia o chi è lasciato?” “Perché?” Sarebbe interessante confrontare le varie opinioni.

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Rosalba Scavia- psicoanalista Iscrizione all'albo psicologi e psicoterapeuti del Lazio con il n.548 Titoli di studio: Laurea in psicologia Laurea in sociologia