La corda al collo della dipendenza:2°parte

ESERCIZIO FISICO COMPULSIVO-Quando arrivava spalancavo la finestra sia in estate che in inverno, perchè l’effluvio di sudore ammorbava l’aria. Lui lo sapeva e se ne doleva . Il mio paziente abitava in un paese della Tuscia a una sessantina di chilometri da Roma e tre volte a settimana, in bicicletta ,raggiungeva la scuola dove insegnava, al centro della città, e il mio studio. Nel nostro primo incontro stabilì le modalità a cui ci saremmo dovuti conformare nel nostro rapporto psicoanalitico. Era evidentemente una specie di aut aut provocatorio –solo se mi accetti con tutti i miei umori e le le mie puzze, mi posso fidare di te — Io lo accettai a patto di poter spalancare la finestra. Era un caso molto interessante. Accettò di buon grado. Aveva trentanni e voleva sposarsi, ma la sua compagna lo avrebbe sposato soltanto se lui avesse incominciato a guidare la macchina per spostarsi e se avesse ridotto tempo e chilometri del suo andare in bicicletta. Devo dire che si è impegnato molto e nel giro di tre anni è uscito fuori dal tunnel compulsivo del pedale e ha ridotto l’attività sportiva a due ore tre volte a settimana e mai in concomitanza con scuola o studio d’analisi. Quindi , come vedi, è possibile liberarsi da un’abitudine compulsiva. Ovviamente serve movente e tenacia. In tutti coloro che sono affetti da sindromi di dipendenza in verità la tenacia non manca, è necessario soltanto, si fa per dire, farle cambiare direzione, farle assumere una direzione contraria alla dipendenza! Pedalare ore e ore, per chilometri e chilometri fa parte di una serie di attività sportive che possono diventare compulsive e creare dipendenza. E’chiaro che non è l’attività in sé a creare dipendenza , ma la motivazione che induce a praticarla. Il mio paziente si sfiancava sui pedali sino and accasciarsi per la stanchezza, un altro si può rompere le ossa in palestra, un altro può fare vasche su vasche e nuotare fino a sfinirsi, un altro può gonfiare i muscoli con i pesi sino a diventare la caricatura erculea dei bronzi di Riace, e così via con ogni tipo di attività fisica. E la motivazione sottostante questa cappa di piombo ossessiva? Apparentemente diversa per ogni individuo, in realtà è la stessa per tutti: fuggire, sottrarsi a un’ansia insopportabile e il “muoversi” “agire” “spostarsi da un luogo all’altro” sono funzionali allo scopo suddetto. Per il paziente precedentemente descritto per esempio, penso che il suo modo di fuggire dall’ansia sia collegato al comportamento materno. Sua madre infatti, incapace di tollerare l’ansia che le provocava il pianto del bambino, chiedeva al marito di accompagnarla in macchina per le strade di Roma fino a che il bambino smetteva di piangere . L’ansia era dunque una sensazione insopportabile che poteva essere alleviata soltanto dal movimento. Con il tempo il movimento da passivo (essere trasportato in macchina) è diventato attivo, cioè messo in atto dal paziente stesso con il pedalare compulsivo, dal quale si è finalmente liberato con il lungo e impegnativo lavoro analitico sulla sua ansia.

MANGIARE COMPULSIVO e RICERCA COMPULSIVA DI INFORMAZIONI sono DIPENDENZE molto diffuse . Esprimono ambedue la necessità di riempire un vuoto insopportabile. Il mangiare compulsivo inoltre, dato l’aumento di peso e di dimensioni conseguente, rivela anche il bisogno di occupare quanto più spazio possibile per contrastare la frustrazione di non essere ” VISTI” , di non essere presi in considerazione, di non contare niente. Marcello e Marco sono due fratelli gemelli. Quando li incontrai due anni fa si assomigliavano come due gocce d’acqua pur essendo dizigoti. A distanza di un anno Marco mi chiede un colloquio. Quando apro la porta dello studio non lo riconosco: è un armadio a quattro ante. Ricordavo lui e il fratello ,due ragazzi alti e magri, e adesso lui è completamente trasformato. Legge lo stupore nel mio sguardo: ” Lo so che fa fatica a riconoscermi….succede a tutti quelli che non mi vedono da un po’ di tempo… è per questo che sono qui”. Nel lungo e doloroso percorso analitico Marco è diventato consapevole e capace di sopportare l’intensa invidia che lo aveva assalito quando i due fratelli avevano incominciato a frequentare un gruppo dove c’era una ragazza che piaceva ad entrambi. Come succedeva sempre aveva avuto la meglio Marcello. “Lei non ci crederà, ma era sempre così…..dovunque andavamo ….Marcello qui…Marcello là…. io sembravo trasparente…..nessuno si accorgeva di me….non esistevo. Marcello occupava la scena con il suoi brio, le sue battute….. Rifiutavo gli inviti, ma lui non voleva andare da solo e tanto diceva e faceva… che alla fine cedevo e lo accompagnavo……ero la sua ombra. Non so come è successo, ma ho incominciato a mangiare come un forsennato alle feste, di notte …. e insomma alla fine eccomi qua……” Per Marco è stato veramente complicato vedersi e accettarsi come il gemello invidioso e malevolo. Soltanto dopo essersi rivelato a se stesso è stato in grado di lavorare al cambiamento, che consisteva soprattutto nel riuscire a vedere tutti i suoi aspetti positivi, a far leva su di essi come punti di forza mediante i quali confrontarsi con gli altri. Man mano che scopriva qualità piacevoli di sé , diminuiva il suo bisogno di riempirsi di cibo e di alcool e diminuiva il suo peso! Il confronto con il gemello non suscitava più in lui amari sentimenti di invidia, anzi il loro rapporto conobbe una serenità mai provata prima , un autentico desiderio di collaborazione sia nel lavoro che nello studio e la gioia di godere insieme ad amici e amiche del loro tempo libero. Finalmente Marco non si sentiva più “trasparente”, “non visto”, ” ignorato ” e quindi non aveva più bisogno di dilatarsi nello spazio per imporsi all’attenzione delle altre persone. Per quanto riguarda la ricerca compulsiva di informazioni, oltre all’urgenza di riempire un vuoto interiore e di attrarre l’attenzione , c’è anche il bisogno di prevalere sugli altri con la forza del sapere. Non ti sto parlando dei cosiddetti “tuttologi” che non perdono l’occasione di sentenziare su qualsiasi argomento venga messo in campo, spesso dicendo stupidaggini. No , mi riferisco proprio alle persone che passano tutto il loro tempo disponibile a cercare informazioni e a documentarsi seriamente su qualsiasi argomento attragga la loro attenzione o che ritengono sia di prestigio conoscere e poi sfoggiare alla prima occasione utile. E’ un mezzo per contrastare l’angoscia di non contare niente, di non valere niente, di non esistere. In loro domina l’equivalenza drammatica ” Esistenza = Valore = Sapere. Se manca il Sapere ,non c’è Valore e non c’è Possibilità di Essere.

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Rosalba Scavia- psicoanalista Iscrizione all'albo psicologi e psicoterapeuti del Lazio con il n.548 Titoli di studio: Laurea in psicologia Laurea in sociologia

33 commenti

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